Racconto vincitore dello skannatoio 5 e mezzo, edizione regolare di Agosto 2012.
Le specifiche volevano che fosse ambientato nel 2013 e che, su una città a scelta (ma con almeno 50'000 abitanti), si abbattessero due piaghe: una tratta dalle 10 piaghe che Mosè ha scatenato sull'Egitto nella Bibbia, mentre un'altra inventata da noi.
Io ho tirato fuori questo dalla traccia. Buona lettura e spero che vi diverta come ha divertito gli altri partecipanti al concorso.
ESODO
1. Codice Genesi.
In principio era l’Insieme Universo, infinito e onnicomprensivo.
- Chiamatemi pure U - disse lui mettendosi in una posa da divo di una rivista
per teenager.
- Un momento, cosa è una rivista per teenager? Non credo esista nulla del
genere - pensò scrutando il nulla dentro di sé. È una gran seccatura l’essere
onnicomprensivo eppure ancora vuoto.
Schioccò le dita e rivista per teenager fu.
I giorni seguenti passarono davanti allo specchio a studiare con Derek, suo
nuovo consulente d’immagine, le espressioni e le posture per risultare bello,
bello, bello in modo assurdo, in ogni situazione.
Salvo poi accorgersi che né gli specchi né, tantomeno, i giorni erano ancora
stati creati. Per non parlare di Derek e della generica categoria dei
consulenti d’immagine.
- Che palle, questo vuoto è incredibilmente seccante, devo sempre fare tutto
io, mai un povero Cristo che mi dia una mano.
E fu così che nacquero il giorno e la notte, gli specchi, i consulenti
d’immagine, Cristo, le mani e… le palle.
Milioni di anni dopo.
2. La tirannia dei numeri primi.
- Sono stanco di questa situazione, 208, qualcuno dovrebbe fare qualcosa.
- Che è successo ancora, marito mio?
- Quei bastardi dei numeri primi, non se ne può più, credono di poter fare
tutto ciò che vogliono solo perché loro sono “gli eletti”, “la razza
superiore”. Dovevi vedere il 157, quel maledetto, l’ho incrociato per strada
oggi e non puoi immaginare: ha cercato di dividermi per 0. Davanti a tutti.
Una lacrima nervosa gli rigò il volto mentre la moglie cercava di nascondere un
ghigno: quante volte a scuola aveva visto i numeri della squadra di football
dividere per zero quelli della squadra di dibattito.
- Non ero mai stato tanto umiliato in vita mia. Ma chi ha deciso che ogni
numero debba subire l’autorità di tutti i propri divisori? È una cazzata tanto
quanto fare le moltiplicazioni dopo le addizioni.
- L’ha deciso il Farauno, stupido, sono 2013 anni che è così. E non urlare, se
ti sentisse qualcuno passeremmo dei guai.
Il marito si lasciò andare sul tavolo, oppresso dalla rabbia e dal senso di
impotenza.
- Suvvia, amore, a te non è andata nemmeno così male: sei il 314, soggetto solo
all’autorità del Farauno, del numero 2 e del 157. Sei un numero importante.
- Smettila di vivere nelle tue illusioni populiste e fare tutta la gni gni gni,
in città o sei primo o sei ultimo.
Uscì di casa sbattendo la porta.
Il grande 0 tramontava dietro le regolari colline sinusoidali mentre i suoi
raggi, perdendosi tra gli edifici triangolari, delineavano il tipico skyline
del quartiere pitagorico.
3. Il campanello suona sempre
appena entri in doccia.
- Insieme Universo. Lo so che puoi sentirmi, rispondimi! Insieme Universooo.
314 proseguiva in quel cantilenante richiamo da giorni ormai.
- Ma chi è questo qui? Perché non la smette di strillare a quel modo? È una
settimana che non mi lascia dormire, sto diventando pazzo.
U cacciò la testa sotto il cuscino per attutire il suono martellante di quella
voce. Invano.
- Derek, fai qualcosa! Vai un po’a vedere cos’ha da urlare tanto.
Il consulente d’immagine rispose senza nemmeno aprire gli occhi.
- Agata è hmfndata a prendere i piccoli a scuola, non so, ma la baita è
shfnicuramente ahnsnonfata.
- Derek!- gridò seccato Insieme Universo, - svegliati!
Il giovane sobbalzò finendo giù dal letto.
- Che cavolo. U, che c’è? Lo sai che svegliarmi così all’improvviso mi blocca i
chakra. Poi faccio orrendi peti per tutto il giorno.
- C’è che il villico mi sta facendo impazzire, devi andare a vedere cosa vuole.
- Ma sta chiamando te, non me, vai tu a sentire cos’ha. Poi non posso mica
uscire così, ho i bigodini e la maschera all’aloe. Assolutamente
impresentabile.
- Ti prego, non voglio, fallo per me.
Derek alzò gli occhi abbozzando un sorrisetto compiaciuto.
- E va bene, sciocchino, ma poi non dire che non ti vizio.
E si avviò ancheggiando verso il balcone.
4. Joe rinunciò a usare la
logica e si limitò a dir loro che poteva parlare con le piante, e che loro
volevano l’acqua.
- Insieme universoooo, ti pregoooo, rispondiiii. Ti prego.
314 stava per demordere quando, d’un tratto, sentì una voce sopra la sua testa.
- Gioia bella, non puoi tenere sveglia la gente così per giorni. Tutto questo
urlare fa molto “mercato del pesce”, non sta bene.
Il numero cadde all’indietro terrorizzato alla vista di quell’enorme faccia
verde che occupava mezzo cielo.
- C-c-chi s-sei t-tu?
- Sono Derek, il compagno di U. Tu, piuttosto, chi sei e che hai da strillare
tanto?
- S-sono 314, s-signore. D-dovrei p-parlare c-con l’I-i-ins-sieme U-u-niverso.
- Sì, tesoro, questo si era capito, ma cosa vuoi da lui? E, sentimi, smettila
di balbettare, io mangio solo prodotti da agricoltura bio, quindi non temere,
non ti mordo.
Il numero di parole al secondo che quella faccia gli sparava addosso aveva
dell’incredibile: 314 era stordito.
- Beh, signor Derek, la situazione quaggiù è critica, c’è bisogno di Lui, non è
che potrebbe, non so, chiamarmelo?
- Aham.
- Intendo, subito.
- Aham.
Il faccione all’aloe continuava a fissare il numero, annuendo con aria
interessata.
- Mi ha ascoltato?
- Ma cccerto che ti ho ascoltato, per chi mi hai preso? Stavi dicendo che lì
giù la situazione è tragica perché non avete le coltivazioni bio, è proprio un
dramma. Ma io non ci posso fare nulla, tesoro.
- No, cioè, con tutto il rispetto, non credo tu abbia afferrato. Dicevo che la
situazione a livello socio-politico è diventata insostenibile, bisogna fare
subito qualcosa.
- Aham. È interessantissima ‘sta cosa.
- Qualcosa come chiamare U!
- Aham.
314 tentò di spiegare nuovamente la situazione a Derek ma, dopo altri due
tentativi a vuoto, optò per cambiare strategia e cominciò a far finta di
piangere.
- Derek, posso darti del tu, vero?
- Ma certo tesoro, ormai siamo super amici super forever.
- Ho un problema.
- Oddio, che è successo?
- Su questo mondo non c’è la frutta bio.
- Ma, scherzi? Non c’è la frutta bio?
- No, ti giuro, neanche l’ombra, tesoro. Il problema è che io non so cosa fare,
sono disperatissimo. Non ce la posso fare: senza la mia macedonia bio mi si
blocca tutto l’intestino e poi non riesco a essere regolare.
A quel punto, Derek provò un tale livello di empatia che cominciò a piangere e
rispose tra le lacrime:
- Ascolta gioia, io forse ho la soluzione al tuo problema, cioè, non ti
prometto nulla eh, ma forse il mio ragazzo può fare qualcosa, sai, lui è in
quel ramo. Proverò a chiedergli, tu aspettami qui.
L’enorme viso sparì nel nulla come era apparso, lasciandosi dietro solo un
lieve odore dolciastro.
5. La goccia che fa traboccare
il vaso può essere la stessa che buca la pietra?
- Basta! Non ne posso più! Prima quello che continua a chiamare, ora tu
che continui a rompermi le palle con ‘sta cazzo di frutta bio.
L’Insieme Universo era pronto a inventare il mitra e fare una strage in un
supermercato. Si trattenne solo per non dover inventare anche i supermercati,
le cassiere, la clientela e quant’altro. Lo irritava soprattutto l’idea dei
salumieri, con quei sorrisi ammiccanti e il rito del “sono due etti un
po’abbondanti, lascio?”.
- Ma almeno lo sai che cosa significa che la frutta è bio?
- Certo, vuol dire che fa bene al corpo. Viene dal latino, è il nome di un
paese del Sudamerica dove non si ammala mai nessuno.
- Ok, - U non ebbe forza di volontà sufficiente a controbattere - ma perché fa
bene?
- Perché è bio. Bio fa bene al corpo.
- Sì, ma perché bio fa… oooh, uffa! Lasciamo perdere. Hai vinto: se vado a
sentire cosa vuole questo 314, prometti che poi passiamo una serata tranquilla
senza frutta bio?
- Oh, amore, sei sempre il migliore.
U non poté non notare che Derek non aveva detto “sì”, ma non aveva le forze per
continuare quella discussione e si avviò ciondolante verso la balconata.
6. Il Pianista.
- Stai scherzando?
- Sto qui da due settimane a gridare e aspettare come un cretino, ti pare io
abbia voglia di scherzare?
314 era talmente esasperato che non riservò all’Insieme Universo il tono di
deferenza forse dovuto.
- Ma Derek mi aveva detto che…
- Derek ha capito quello che voleva capire! Ho forse l’aria di uno che mangia
frutta bio? Ma ora possiamo, per favore, parlare del mio problema?
- E va bene, sentiamo cosa c’è di tanto urgente e importante da farmi
interrompere tutte le mie infinite attività.
- I numeri primi, Insieme Universo, contravvengono alle vostre regole rendendo
un inferno la vita di tutti.
- Fanno le addizioni prima delle moltiplicazioni?
- No, Signore, intendo quell’altra regola.
- Usano dei minuendi minori dei sottraendi?
- E che cazzo, no! Quella che ci avete creati tutti ugualmente importanti. Loro
invece ci hanno resi schiavi.
- Ah, quella regola.
L’Insieme Universo roteò gli occhi scavando nella memoria alla sua ricerca.
Essere onnicomprensivi aveva i suoi lati negativi: in mezzo al Tutto non era
facile trovare alcunché, soprattutto le chiavi della macchina, ma anche le
regole mai usate si stavano dimostrando un brutto cliente. Decise di prendere
tempo.
- Beh, certo è molto grave…
- Esatto, è quello che dico anch’io, dovete fare subito qualcosa, non si può
perpetrare questo ciclo d’impunità.
314 si sentiva ormai vicino alla soluzione del problema: ora che l’Insieme
Universo lo stava ascoltando, le cose sarebbero andate finalmente per il verso
giusto.
- Sì, sono d’accordo, qualcosa faremo.
U ancora non riusciva a trovare quella maledetta regola, non gli rimaneva che
fidarsi di quel piccolo numero.
- Allora? Mio nuovo, giovane e tediante amico, hai qualche idea?
- Idea? Io? No, sei tu il pezzo grosso, io voglio solo essere libero, non mi
interessa nient’altro. Credevo che tu avessi tutta una serie di strumenti e
soluzioni per ogni problema. Che ne so, un manuale del “perfetto Insieme
Universo” o cose così.
U si illuminò a quelle parole:
- Aspetta, forse mi è venuta in mente una cosa. C’è un mio amico d’infanzia che
non vedo da tanto, si era trasferito per colpa della crisi, sai, non c’era
lavoro e ha deciso di mettere su un’attività tutta sua in un angolo di Nulla in
cui non c’era ancora molta concorrenza. Era un genio nel trovare soluzioni
creative ai problemi, poi sapeva farsi rispettare. Qualche secolo fa mi ha
mandato una copia di un romanzo ispirato alle sue disavventure, magari lì
troviamo qualche idea utile.
Si rimise a cercare in sé. Dopo alcuni minuti di sguardi imbarazzati ed “eppure
sono sicuro che l’avevo messo qui”, U tornò in casa.
- Derek, hai mica visto quel libro che
mi aveva mandato il mio amico qualche secolo fa?
- Secondo ripiano della cucina, ma fai piano a sollevarlo che lo stavo usando
per tenere pressate le foglie che ho raccolto in giardino.
- Non c’è, ho appena guardato.
- Guarda meglio, sono sicuro.
- Se ti ho detto che non c’è, vuol dire che non c’è. Non è che non sono capace
di cercare un libro in un metro quadro.
Derek arrivò sbuffando e sbattendo i piedi, salì su una sedia e, dopo meno di
due secondi, sbatté in mano a U un pesante tomo rilegato in pelle.
- E questo cos’è?
- Ma, cioè, non è possibile. Che diavolo di stregoneria è mai questa? Da dove
l’hai preso?
Il modello si limitò a sbuffare nuovamente uscendo dalla stanza a passo
spedito.
Insieme Universo, ancora incredulo, tornò sul balcone.
- Ok, trovato, vediamo se qui c’è qualcosa che fa al caso nostro.
Cominciò a scorrere rapidamente l’indice mormorando incomprensibilmente i
titoli dei vari capitoli e alzando lievemente il tono su quelli che gli
sembravano più interessanti. Dopo una dozzina di voci poco convincenti:
- Senti qui, 314, “liberazione del popolo eletto: Mosè e le 10 piaghe
d’Egitto”, sembra fico.
- Uhm, non so chi sia questo Mosè, ma la faccenda delle piaghe merita sicuramente
un po’di attenzione.
U appoggiò il libro su di sé e, in un attimo, il contenuto di quella storia gli
fu noto. Strabuzzò gli occhi osservando il suo piccolo amico.
- Tu non hai idea…
- Di cosa?
- Di quanto sia stato ispirante questo episodio. So esattamente come procedere,
fidati!
314 era nervoso: la faccenda aveva qualcosa che non lo convinceva. Soprattutto
il “fidati”, gli sembrava tanto il preludio a un disastro di proporzioni
epiche. Scacciò quel pensiero nascondendosi dietro un “è il nostro creatore, se
non lo sa lui cosa bisogna fare”.
- Il Piano è questo: tu andrai dal Farauno nel mio nome e gli ordinerai di
lasciare liberi te e tutti i numeri naturali non primi, altrimenti io manderò
su di lui le mie piaghe! Poi, quando vi lascerà andare, io vi concederò la
Terra Promessa.
- Mi sembra un po’semplicistico come piano. Non ci vorrebbe, forse, una maggior
cura per i dettagli?
- Hai ragione, tu non sei credibile come profeta intimidatore, dovrai imparare
a memoria delle frasi che ti dirò io, poi bisognerà lavorare un po’sul tuo
look, darti un po’di spessore estetico. Deeeereeeek.
7. La faccenda sta prendendo una
brutta piaga.
- Niente, non ha funzionato. E ho fatto pure la figura del cretino:
avresti dovuto sentire come ridevano di me. E dire che mi ero rivolto a te per
smettere di dovermi sentire così, quasi preferivo quando i bulli mi dividevano
per 0.
314 era tornato dall’Insieme Universo con le pive nel sacco e il morale
sottoterra.
- Hai detto le parole magiche?
U lo osservava dall’alto di tutta la sua onnicomprensività.
- Certo che le ho dette.
- E le hai dette giuste?
- Clatoo, Verata, Nicto. Le ho dette giuste le tue cavolo di parole.
- Benissimo, il Farauno e il suo regno di terrore hanno le ore contate.
- Ma, mi ascolti quando parlo? Ti ho detto che non è successo niente.
- Appunto, non doveva succedere nulla, così il faraone si sarebbe impuntato e
non avrebbe ottemperato alle tue richieste. Ora, finalmente, posso scatenare le
piaghe, è da quando ho letto questo capitolo che ho voglia di farlo.
- Cioè, fammi capire, tu mi hai fatto andare lì a diventare lo zimbello della
città infinita solo per…
- Era un passaggio assolutamente necessario, non puoi capire, cose da divinità.
- Voglio morire. Vi prego, uccidetemi.
314 si accasciò a terra ancor più demoralizzato. Per uno come lui, positivo per
definizione, essere in quello stato d’animo era quasi un controsenso.
- Dai, su con la vita, quando vedrai quello che ho preparato ti tornerà il
sorriso. È il momento della riscossa, 314, il Piano prosegue, presto il Farauno
sarà sconfitto, tu e gli altri numeri naturali non primi ve ne andrete da
Fibonacci e sarete finalmente liberi, con tutto ciò che questo comporta. Alzati
dalla polvere e guarda qui tutte le piaghe che ho preparato mentre tu giocavi a
fare il profeta.
8. Lo senti? Lo senti l’odore?
Napalm figliuolo, non c’è nient’altro al mondo che odori così, mi piace l’odore
del napalm di mattina…
- Sei sicuro che scatenarle tutte insieme non sia pericoloso?
314 sentiva la tensione, avevano rivisto il Piano un migliaio di volte nelle
ultime ore, avevano fatto modifiche, contromodifiche, modifiche alle
contromodifiche. Alla fine avevano deciso che era perfetto. L’ansia del
momento, tuttavia, faceva sorgere un’infinità di dubbi che crescevano dentro di
lui ogni istante di più.
- Che pericolo vuoi che ci sia? Andrà tutto bene, ne sono sicuro, fidati!
Ancora il “fidati”, quella parola aveva dato il colpo di grazia alla sua già
esigua razionalità anti-scaramanzia.
- Ecco, l’hai detto, ora andrà tutto a rotoli, me lo sento. Me lo sentoooo.
- Smettila di fare la femminuccia e guarda là sotto, è ora.
L’aurora cominciava a farsi strada da dietro i Monti Cosinusoide, il tenue
bagliore dell’alba cominciava a rischiarare il cielo nero, restituendo alla
pianura le forme e i contorni smarriti nella notte. Il fiume Nash scorreva
placido, la superficie appena increspata dalla leggera brezza che soffiava da
nord: non si riusciva a scorgere nessuna avvisaglia di quanto stava per
accadere.
- È tutto predisposto, non possiamo far altro che attendere e osservare la
nostra creatura prendere forma. Stai tranquillo 314, queste piaghe hanno già
funzionato nel mondo del mio amico, andranno benissimo anche qui.
U sembrava ottimista, quel giorno era come una vacanza per lui, il primo bagliore
di diversità ed emozione da secoli: era eccitato come uno scolaretto.
- Guarda, guarda. Il riflesso del fiume è diventato rosso, in perfetto orario.
Te l’avevo detto di non preoccuparti.
314 non riusciva a fare null’altro che osservare la città, si dimenticava
persino di respirare da svariati secondi ormai: il suo brutto presentimento
continuava a crescere.
- Ed ecco le zanzare, farle arrivare dal fiume a bordo di zattere è stata una
trovata geniale, amico mio, nessuno potrà vedere la nube da lontano. Uuuuhh,
guarda là, si vedono anche le mandrie, che spettacolo questi buoi. Ero un
po’scettico quando abbiamo dovuto inventarli per poter realizzare le piaghe
quinta e sesta ma, a vederli così maestosi, credo ne sia proprio valsa la pena.
Prendi il binocolo, si vedono tutte le mosche sulle loro schiene, che piano
geniale, siamo invincibili!
- Già, davvero fantastico.
- Ehi, ehi, guarda anche là, si stanno avvicinando anche le nuvole, si vede
proprio che sono cariche: sarà una grandinata coi fiocchi. Nota anche come
l’ombra che fanno nasconde lo sciame di locuste, se non sai che c’è mica lo
vedi. Lo vedi?
- Sì, Insieme Universo, lo vedo. Smettila di ripetermi tutto passo passo, c’ero
anche io quando abbiamo elaborato il Piano, lo so cosa devo guardare. Il tuo
entusiasmo è irritante, stai zitto un po’.
- Certo che sei proprio antipatico.
I due si chiusero in un silenzio offeso e ripresero a scrutare la pianura.
Una decina di minuti più tardi tutte le truppe raggiunsero le loro posizioni,
il tempo di un respiro profondo e l’attacco ebbe inizio.
9. La prima legge di Murphy.
Fu chiaro sin da subito che qualcosa non stava andando come sperato:
sarebbe dovuto cominciare tutto con centinaia di sciami di zanzare in decollo
dalle zattere sul Nash. Il ronzio era forte, come se il piano stesse
procedendo, ma, nell’aria, nessuna di loro.
314 abbassò il binocolo sul fiume, il panico gli stava dilaniando il petto.
- Lo sapevo, lo sapevo. Sta già andando tutto a puttane.
L’immagine lo fece rabbrividire: milioni di quegli insetti che, invece di
decollare, infilavano i loro lunghi pungiglioni nelle acque di sangue del fiume
e succhiavano come indemoniate. Le osservava ingrossarsi a vista d’occhio
mentre, le poche ancora dedite al Piano, cercavano di spronare le altre a
decollare alla volta della città. Mano a mano che quelle legioni divennero
troppo sazie per continuare a bere, si ricordarono del loro dovere e cercarono
di prendere il volo ma, appesantite com’erano, ogni tentativo fu vano. Optarono
allora per attaccare da terra, sbarcarono sulle rive del fiume e cominciarono a
marciare, pesanti, verso la città.
- Dai, hai visto? Non arriveranno volando, ma, vabbè, per la supremazia aerea
abbiamo ancora mosche e locuste, senza contare la grandine. Poi guarda come
sono grosse ora, sembrano noci con le ali, a terra ci daranno un vantaggio
incredibile: non tutto il male vien per nuocere.
Insieme Universo cercava di tenere alto il morale mentre, in perfetto orario
sulla tabella di marcia, le rane cominciarono a sciamare fuori dal fiume. Il
loro comandante doveva averle motivate all’estremo: attaccarono la riva con una
ferocia inaudita, caricando senza paura lungo la lingua di terreno che le
separava dalle mura di Fibonacci. Contrariamente ai piani, però, le rane si
ritrovarono davanti le zanzare a bloccar loro la carica. L’avanguardia anfibia,
spinta dalle file dietro, non riuscì a fermarsi e cominciò a travolgere la
retroguardia dittera, i cui corpi cominciarono a esplodere imbrattando la
sabbia umida di sangue e interiora. Le rane, attirate dall’odore di quel
bendidio, smorzarono la carica e presero ad avventarsi fameliche sulle zanzare:
le lingue saettavano tra i ranghi, a ogni sferzata catturavano insetti a
manciate.
- Oh, merda. Dai, sono sicuro che sugli altri fronti le cose stiano andando a
gonfie vele.
314 era rimasto completamente rapito dall’orrore della scena, si ridestò alle
parole di U e trattenne un conato di vomito prima di spostare il binocolo verso
il battaglione di bestie cornute.
- E no, cavoli, ma non potevi dar loro da mangiare prima della battaglia?
Gli gnu si erano fermati su un prato a poca distanza dalla città e,
pacificamente, si erano messi a brucare.
- Erba? E come cavolo te lo immagini che bestie del genere mangino erba?
Pensavo mangiassero, che ne so, avventurieri, eroi, numeri primi. Guardale in
faccia, dai, con un muso così ti aspetti che comincino a sputare fuoco, non a
mangiare erba.
- Non mi interessa di cosa t’immagini, sei onnicomprensivo, avresti dovuto
saperlo!
- Eh, sì, ma ho guardato la figura, la cosa che mangiano l’erba sarà stata
scritta in piccolo, da qualche parte di assolutamente invisibile. Non è colpa
mia. E tanto ormai arrivano le locuste: in pochi secondi non ci sarà più erba e
le nostre bestie dovranno ricominciare a muovere verso la città. Per forza.
314 rimase in silenzio, si limitò a spostare nuovamente il binocolo verso lo
sciame di ortotteri che era uscito dal cono d’ombra delle nuvole e volava
rapido verso l’obiettivo.
Per una volta, U sembrava averci azzeccato, in pochi istanti arrivarono sui
campi a ridosso della città e cominciarono il loro vorace lavoro. Mano a mano
che queste consumavano il verde, gli gnu ripresero la loro avanzata. Finalmente
qualcosa che sembrava andare quasi per il verso giusto.
- Ancora una cinquantina di metri e arriveranno alla linea di decollo delle
mosche, da lì in poi sarà fatta.
U lo diceva sempre: “noi non crediamo nella sfortuna”. In quel preciso istante,
a 314 parve di sentire la sfortuna che rispondeva: “ma io credo in voi”.
Le locuste erano momentaneamente ferme, tutte intente a divorare qualsiasi
traccia vegetale dalla terra, gli gnu le seguivano a breve distanza da sud.
D’un tratto un muggito squarciò l’aria, seguito da un altro, poi un altro
ancora: in pochi istanti tutta l’enorme mandria stava levando il proprio grido
al cielo.
- Ecco, che ti dicevo? Sono feroci bestie votate al massacro, ascolta il loro
grido di guerra. Sento già odore di vittoria.
314 spostò lo sguardo dallo sciame alle bestie.
- No, c’è qualcosa che non va, sembrano imbizzarrite.
I movimenti secchi dei bovini fecero decollare le mosche che, spostandosi,
lasciarono liberi alla vista i manti lucidi degli animali. Il numero non riuscì
a trattenere il ribrezzo: quei corpi, fino a qualche istante prima solidi e
possenti, erano ora percorsi da profonde spaccature sanguinanti e ulcere
purulente. Nonostante la distanza gli pareva di sentirne il puzzo sul palato,
ma mantenne lo sguardo fisso su quella scena. Dopo pochi secondi, le mosche,
attratte dall’odore delle carni aperte e della cancrena, tornarono in massa sui
corpi degli animali e si gettarono voraci sulle piaghe aperte: divoravano a
piccoli morsi quegli animali, allargando sempre più le spaccature mentre le
femmine, con gli addomi gonfi, vi si gettavano per deporre le uova.
Le bestie cominciarono a correre all’impazzata per il dolore, ognuna in una
direzione diversa, fu il caos.
- Oh, merda, hanno temporeggiato troppo. Questo sarebbe dovuto succedere a
ridosso delle porte della città. Non passerà molto prima che cadano a terra
morti. Nei miei piani le carcasse avrebbero dovuto intasare le strade e
spandere puzza e malattia.
- Lasciami perdere, tu e i tuoi piani del cazzo. Avrei dovuto far escogitare
tutto a Derek, ritardo mentale per ritardo mentale, almeno lui fa ridere.
Per la prima volta U non rispose. Si limitò a chiudersi nella propria
imperscrutabilità a osservare gli eventi precipitare in maniera irrecuperabile.
Gli gnu cominciarono a cadere morti, schiacciando sotto i propri corpi decine,
centinaia, migliaia di locuste. Nel frattempo le rane, ormai completamente
disinteressatesi dell’assalto alla città e in preda a una sindrome da fame
ossessivo-compulsiva, deviarono verso i campi, attratte dalla prospettiva di un
goloso banchetto croccante: tutta un’altra consistenza rispetto alle scialbe
zanzare.
L’orda anfibia si abbatté su quei campi con cieca ferocia, non fece distinzioni
tra mosche e locuste, tra vivi e morti. In meno di dieci minuti, 314 vide
entrambi gli sciami di insetti venire falcidiati da quelle sempre più obese
tritarifiuti fluviali. Alla fine del baccanale, le rane erano così gonfie da
sembrare delle palle, la loro pelle così tesa e tirata da risultare
trasparente: le poche che ancora si muovevano, lo facevano rotolando sospinte
dal vento e da qualche irregolarità del terreno.
Un tuono fece tremare l’aria:
- Sai a cosa ci importa della grandine ormai, le colture sono state già in
buona parte distrutte. Vetri rotti e tegole sfondate non serviranno a nulla
senza gli insetti che vi si infilano.
La Malasorte, come a voler riconfermare ulteriormente la genialità del proprio
piano, cominciò a far grandinare sopra le rane. I chicchi appuntiti si
abbatterono sugli anfibi come uno stormo di spilli su dei palloncini gonfi allo
spasmo. L’aria cominciò a scoppiettare come se qualcuno avesse messo sul fuoco
un’enorme pentola di popcorn: corpi semidigeriti di zanzare, mosconi e locuste
si mischiarono ai chicchi di grandine e alle interiora delle rane, in un’enorme
granita al gusto schifo che prese ad accumularsi nella pianura antistante l’infinita
città di Fibonacci.
- Beh, U, forse hai ragione, guardiamo il lato positivo: questa è la cosa più
schifosa che io abbia mai visto, e sta circondando tutta la città. Quando il
Farauno la vedrà forse si convincerà a lasciarci andare, io mi farei convincere
da una visione del genere.
- Ooooh, questo è lo spirito giusto, finalmente dimostri un po’di fiducia, te
l’ho detto io che alla fine le cose si sarebbero sistemate in un modo o
nell’altro. Andrà tutto bene.
Un’altra fitta colpì il povero 314 su quell’ennesimo guanto di sfida lanciato
alla Sorte, che si sfregò le mani sorridendo sorniona, pronta a decorare la
propria torta con la proverbiale ciliegina.
Lo 0 stava ormai spuntando da dietro le colline del coseno, i suoi primi raggi
si abbassavano sulla pianura alla granita mentre la città cominciava a
destarsi, pronta a godersi lo spettacolo. All’improvviso, la luce cominciò ad
attenuarsi, U e 314 si voltarono verso lo 0 e ricordarono: per non dare alla
città la possibilità di reagire efficacemente all’invasione, avevano
programmato per l’alba la piaga dell’oscurità. Era l’apoteosi del loro
fallimento, l’emblema della resistenza al cambiamento delle tradizioni
radicate.
10. “Il codice è più che altro
una sorta di traccia che un vero regolamento.”
- Tesoro, hai una visita, alzati.
Derek aprì la porta della camera degli ospiti, U ci si era barricato da una
settimana ormai: il fallimento delle piaghe gli aveva scaraventato il morale
sottoterra.
- Ma senti che puzza di crema per l’acne andata a male che c’è qui dentro,
fammi aprire la finestra.
- Noooo, vattene, non voglio niente, lasciami in pace.
- Poche storie, è una settimana che piangi e ti disperi come un personal
trainer davanti al menù di un fast food, ora basta! E alzati, che è venuto un
tuo amico a trovarti.
Il modello scostò i pesanti tendaggi e spalancò finestra e imposte: una vampata
di aria gelida e di salubri raggi solari invase la stanza.
- Chiudi subito! Sei pazzo? Ho detto vattene!
U si tirò il lenzuolo sopra il volto, ma Derek era più che mai determinato a
porre fine a quello scempio. Si avvicinò al letto e, con uno strattone, tolse
le coperte dal suo compagno e se le appallottolò in mano.
- Bene, ora, a meno che tu non voglia morire congelato, ti conviene alzarti e
darti una sistemata, ti ho detto che hai un ospite.
U voleva sfogarsi ma non voleva subire le ripercussioni di Derek, gridò quindi
degli insulti in codice binario, sicuro che non sarebbe mai stato compreso. Rimase
a letto ancora per qualche minuto, fermo nella sua testardaggine, ma alla fine,
infreddolito e tremante, non ebbe altra scelta che alzarsi e infilarsi una
tunica pesante. Uscì dalla stanza pallido ed emaciato, percorse il corridoio ed
entrò in cucina: visto che si era alzato, tanto valeva mangiare qualcosa.
Appena entrato, sentì dalla sua destra provenire una voce familiare:
- Ciao, U, quanto tempo.
Jehovah, con le mani incrociate sulla sua tunica bianca, lo guardava serafico.
- Derek mi stava giusto aggiornando sui tuoi esperimenti con piaghe e disastri
naturali.
- J, che bello vederti- Insieme Universo era appena tornato di buonumore, - tu
che ci fai qui?
- Mi ha chiamato la tua dolce metà che, a proposito, fa dei dolcetti
buonissimi; mi ha detto che hai avuto qualche guaio con la replica delle mie
piaghe d’Egitto e che ti eri depresso. Sono venuto appena ho potuto e,
purtroppo, non posso restare molto. Siamo in piena Apocalisse nel mio mondo e
ci sono un sacco di sciagure da orchestrare.
- Certo, capisco. Beh, allora veniamo subito al dunque: perché le mie piaghe
non hanno funzionato? Erano tali e quali a quelle descritte nel tuo libro.
- Ora ascoltami bene, ti insegnerò alcune regole basilari che ho imparato con
l’esperienza: prima di tutto parliamo della Sfortuna, Malasorte, Sfiga, Murphy.
Ha molti nomi ma è sempre la stessa cosa. Non puoi pensare di fare nulla di
importante senza averla interpellata e aver ottenuto il suo benestare. Il suo
potere è troppo grande anche per noi, combatterla non servirà ad altro che a
farti sentire un idiota impotente. Quindi chiedi sempre il suo parere prima di
muoverti. Se non sai dove sia, tu limitati a sfidarla, vedrai che si farà viva
lei.
- Maledetta, ho sentito qualcosa quel giorno, ma non sapevo di questa
“Sfortuna”, ci farò una chiacchierata al più presto.
- Bravissimo, seconda regola: non puoi cominciare il tuo impegno attivo nel
mondo con un piglio bonario e democratico. Lo so, è una seccatura, ma funziona
così. Anche io ho cominciato bene creando un modo idilliaco e dando alle mie
creature tutto quello di cui avevano bisogno, ma loro se ne sono approfittati e
hanno contravvenuto all’unica regola che gli avessi dato. Lì ho capito che a
essere buoni finisci sempre fregato, bisogna partire crudeli, impositori,
dittatoriali e vendicativi: manda qualche piaga, allaga il mondo di tanto in
tanto, fai cadere piogge di fuoco e zolfo sulle città che non seguono alla
lettera le regole, appositamente contraddittorie, che avrai dato. Poi scegli
qualche tuo prediletto e permettigli tutto quello che gli pare, persino di
contravvenire alle tue regole. Oppure non permettergli niente e rendigli la
vita un inferno.
- Uhm, mi piace questa parte, credo proprio che potrei farlo. Che altro?
- Prometti alla tua gente delle ricompense, ma non dare informazioni precise su
quando o come gliele darai: sii vago, con questo trucco li terrai sulla corda
per secoli.
- Interessante. Ti prego, continua.
- Una cosa importantissima è: non permettere mai, e dico mai, a nessuno di
dubitare di te. Chi dubita va punito, severamente! E con lui anche tutto il
popolo, così che chiunque si permetta di farlo di nuovo non avrà bisogno del
tuo intervento, la sua stessa gente provvederà a punirlo. Poi ci sono anche
altre dritte che, però non ti serviranno tanto presto, ti prometto che tornerò
a trovarti e ne riparleremo prima che tu abbia finito la “fase vendicativa” del
tuo regno. Per il resto puoi sempre prendere spunto dal mio libro.
- A proposito del libro, avrei un paio di cose da chiederti.
- Dimmi pure, ma fai in fretta, tra un’ora ho un’apparizione e devo ancora
farmi tutta la strada.
- Come faccio a seguire il tuo manuale se nemmeno capisco le cose che ci sono
scritte? L’altro giorno ho usato solo nove piaghe perché la decima non sono
riuscito a decifrarla: cosa cavolo sono i primogeniti?
Jehovah scoppiò a ridere.
- Hehe, devi capire, caro U, che il mio romanzo non è un manuale da seguire
alla lettera, è più che altro una traccia. Usalo per prendere spunto, ma
mettici sempre del tuo, adatta le idee al tuo mondo e falle funzionare. Per esercitarti,
ti lascio un compito: pensa alla mia decima piaga e, partendo da quella,
inventane una tutta tua, non lesinare su spettacolarità ed effetti speciali,
quindi falla abbattere sulla città e libera il popolo schiavo. Poi ricordati di
dar loro delle regole e comincia un nuovo corso con punizioni a caso. Vedrai,
sarà persino divertente guardarli barcamenarsi tra regole improponibili e
situazioni assurde.
- Ok J, grazie, mi metterò subito al lavoro.
- U, è stato bello rivederti, ma ora devo proprio scappare, non facciamo
passare altri milioni di anni però, vediamoci un secolo di questi. Ok?
- Volentieri, magari la prossima volta veniamo a trovarti io e Derek, così per
ricambiare la cortesia. Intanto ancora grazie della visita e, soprattutto,
delle dritte. Le seguirò sicuramente.
11. Ezechiele 25:17
Il cielo divenne nero, le nubi si addensarono sulla città infinita come
un conglomerato di cattivi presagi. Nell’aria rombò chiara una voce.
“il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni
parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini
malvagi.”
Nella cortina si aprirono miriadi di microscopici fori, da ognuno filtrava un
singolo raggio di luce. Quei fili luminosi tagliavano il buio, andando a
colpire ogni singolo numero primo esistente.
“Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i
deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di
suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti.”
Un raggio più grosso, di colore azzurro, si diresse su 314. Trasfigurato dalla
luce divina, cominciò a fluttuare nell’aria fino a ritrovarsi in verticale
sopra il Palazzo del Farauno: tutti gli occhi erano puntati su di lui.
“E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo
sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei
fratelli.”
I raggi sottili brillarono più intensamente e i numeri primi vennero come
immobilizzati e trascinati a mezz’aria, fluttuanti nel cielo, dove tutti
potessero vederli.
“E tu saprai che il mio nome è quello di U quando farò calare la mia vendetta
sopra di te.”
Le nuvole sopra il palazzo Faraunico si aprirono e, in mezzo al cielo, apparve
un’enorme U azzurra che cominciò a crepitare e sfrigolare, sempre più forte,
come se dovesse esplodere da un momento all’altro. D’un tratto, in un boato,
infinite scariche di elettricità azzurra scattarono dalla lettera perdendosi
nelle nuvole. In meno di un istante, quelle stesse scariche, scesero dal cielo
seguendo i fili luminosi e andarono a colpire tutti numeri primi. L’odore di
bruciato si diffuse immediatamente su tutta la città mentre i corpi dei
peccatori precipitavano a terra senza vita. 314, invece, planò dolcemente, come
cullato dal fascio di luce azzurra, atterrando nella piazza principale con
milioni di occhi ancora puntati addosso.
U osservava la scena dal balcone di casa, sorseggiando un tè alla pesca
ghiacciato assieme a Madama Sfortuna.
- Come sono fico, eh?
12. “Adoro i piani ben riusciti.”
- Ma, U, lo sai che J aveva proprio ragione?
- Che cosa intendi, Derek?
- Che è proprio forte stare qui alla finestra a spiare le vite di tutta questa
gente. Credo che potrei farlo per tutto il giorno.
- Anche io, meglio delle tue stupide soap della tv. Questa è realtà.
- Certo, forse è stato un po’cattivo obbligarli a lasciare la città, far loro
attraversare il Mar Ramsey per poi lasciarli a vagare senza meta nel deserto.
- È vero ma, che ti devo dire? J ha detto che la loro arroganza andava punita
in qualche modo e che devo sapermi far rispettare. Che ne dici? Aspettiamo
ancora un po’a dar loro le nuove regole? Vederli brancolare nel buio senza
capire il perché di queste punizioni è troppo divertente.
- Non saprei, però sai che pensavo? Una volta a settimana potresti fargli fare
delle prove e, se le superano, dar loro una regola come premio.
- Dovrebbero farci un programma televisivo su un’idea del genere.
- E magari metterlo al lunedì sera che i locali son tutti chiusi, così abbiamo
qualcosa da fare.
- Maledetti lunedì sera, è arrivata anche la vostra ora.